Il tema dei trasporti e della sostenibilità è stato al centro del convegno “Vie del mare e intermodalità per l’integrazione e la sostenibilità dei trasporti europei”, organizzato a Roma da Connact con gli uffici italiani di Parlamento e Commissione Ue. Diversi gli spunti di riflessione emersi nella discussione, tra cui anche il tema del ruolo dei camion elettrici nella decarbonizzazione.

L’evoluzione della rete ferroviaria ad alta velocità alleggerirà il traffico autostradale, ma l’impatto sarà meno importante di quanto ci si aspetti. Secondo uno studio del Centro Studi Gea, presentato durante l’evento, la crescita della rete ad alta velocità dovrebbe spostare tra il 12% e il 15% del traffico di autostrade concorrenti, ma solo il 3-4% del totale del traffico autostradale a pedaggio. In pratica, l’alta velocità non allevierà l’affollamento delle autostrade. L’analisi, condotta dal professor Armando Cartenì dell’Università della Campania “Luigi Vanvitelli”, fa parte di una riflessione più ampia sul futuro dei trasporti in Europa, incentrata sull’intermodalità.

“C’è un grande dibattito sulla riforma portuale”, dice il presidente della commissione Trasporti, Salvatore Deidda. “I privati saranno sì protagonisti, ma gestione, controllo e coordinamento resterà saldamente nelle mani dello Stato”. Per il presidente dell’Autorità di sistema portuale del Mar Tirreno Centro Settentrionale, Pino Musolino, l’intermodalità è “uno degli elementi che ci permettono di andare nella direzione della decarbonizzazione dei trasporti”, ma “prima di inventarci nuove tecnologie, andiamo a ottimizzare ed efficientare quello che abbiamo”. La responsabile delle Relazioni istituzionali di Autostrade per l’Italia, Alessandra Romano, ritiene “lo shift modale un prerequisito fondamentale per la mobilità sostenibile”, ma visto che “il sistema autostradale rimarrà centrale anche in futuro, è necessario, oggi più che mai, investire in fattori che possano agevolare e migliorare la mobilità sostenibile, in particolare in rigenerazione delle infrastrutture autostradali, nel potenziamento delle infrastrutture autostradali e soprattutto nella digitalizzazione”.

 “Se è ineludibile e strategica l’intermodalità, allora metteteci nella condizione di farlo”, chiede il vicepresidente di Confetra, Umberto Ruggerone. Mettendo in luce che “in Germania ci sono 330 cantieri aperti sulla rete, in Italia altrettanto si sta facendo un lavoro straordinario e non finirò mai di ringraziare Rfi”, ma questi sono anche gli unici due Paesi europei “dove non sono previste quote a compensazione per le imprese danneggiate dalla cantieristica”.

Chi crede fermamente nell’intermodalità è Ita Airways. Afferma il Chief Communication and Institutional Relations Officer, Pietro Caldaroni: “Più intermodalità vuol dire anche minor consumo di CO2, magari alcuni voli che abbiamo di corto raggio, da Firenze a Roma o da Napoli a Roma, potremmo sostituirli con un treno ad alta velocità. Ma è necessario e indispensabile una maggiore infrastrutturazione in termini di arrivi dei treni ad alta velocità negli aeroporti”. Ma anche il mare è un’opzione più che valida. Del resto, “abbiamo adottato un nuovo modo di guardare al mare, in maniera inclusiva”, dice nel suo intervento il capo dipartimento delle Politiche del mare, Pierpaolo Ribuffo.

C’è poi chi, come Iveco Group, suggerisce altre strade. “Come costruttore leader mondiale di veicoli commerciali, siamo a favore della comodalità, non del modal shift”, sostiene il Chief Public Affairs & Sustainability Officer, Michele Ziosi. Ma perché funzioni “occorre un approccio integrato che metta insieme l’impegno dei differenti stakeholders, politiche governative a supporto del rinnovo del parco circolante, costruttori, come noi, che mettono sul mercato veicoli sempre più efficienti e una regolamentazione smart che impatti sui prodotti in maniera positiva e non rappresenti un vincolo all’immissione sul mercato”.

In questo scenario resta scolpita anche la necessità di perseguire la neutralità tecnologica, anche dei carburanti. “Le varie possibilità devono essere valutate in termini di equilibrio, sia di tutela ambientale sia dei rapporti costi-benefici, nell’ottica del raggiungimento di una sostenibilità economica e occupazionale”, sottolinea infatti l’eurodeputata e membro della commissione Tran, Anna Maria Cisint, nel suo videomessaggio. Il tema, ovviamente, continuerà a occupare gran parte del dibattito pubblico e politico, tra Roma e Bruxelles.

Il ruolo dei camion elettrici nelle sfide future

Un altro tema sollevato durante l’evento è stato quello dei camion elettrici, in particolare in relazione agli obiettivi climatici dell’Unione Europea. Secondo lo studio del Centro Studi Gea, per rispettare i target di riduzione delle emissioni del settore del trasporto pesante, sarà necessario un aumento significativo della flotta di veicoli elettrici. Per il periodo 2030-2034, infatti, l’UE ha fissato l’obiettivo di ridurre le emissioni dei camion del 45%, con un ulteriore calo del 65% per il periodo 2035-2039, per arrivare a una riduzione del 90% entro il 2040.

Per raggiungere questi obiettivi, sarà necessario introdurre circa 390.000 camion elettrici BEV (Battery Electric Vehicle) e FCEV (Fuel Cell Electric Vehicle) entro il 2034. Tuttavia, i numeri attuali sono lontani da questa cifra: nel 2023 sono stati immatricolati solo 5.209 BEV e 163 FCEV in tutta l’Unione Europea. Per rispettare le scadenze europee, servirà quintuplicare il numero di truck elettrici entro il 2034.

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