In occasione della tradizionale conferenza stampa di fine anno dell’UNRAE, organizzata presso la splendida Villa Blanc di Roma, sede della Luiss Business School, è stato presentato uno studio dell’Osservatorio Auto e Mobilità sull’impatto dell’intelligenza artificiale sull’automotive. Ma si è parlato molto anche di transizione ecologica, di cambiamento climatico e soprattutto di numeri, non positivi per il settore.

L’Osservatorio Auto e Mobilità della Luiss è nato per iniziativa dell’UNRAE con l’obiettivo di fare formazione e di collaborare sia con le istituzioni che con le aziende sui fenomeni del nostro tempo. Lo dirigono Fabio Orecchini (foto sopra) e Luca Pirolo, entrambi ordinari alla Luiss Business School. Nel comitato scientifico trovano posto anche i partner, che sono UNRAE, Toyota, Honda, Kia e, da quest’anno, A2A. La ricerca presentata quest’anno è sull’intelligenza artificiale e sul suo impatto sull’automotive. “Ci siamo resi conto”, spiega Orecchini, “che stava nascendo l’Auto Sapiens: è così che abbiamo definito il software-defined vehicle (SDV). Anche secondo altri centri di ricerca, entro il 2029 il 90% dei veicoli saranno SDV, ma si prevede che entro il 2030 il 100% dei veicoli sia in qualche modo coinvolto con l’intelligenza artificiale: l’Auto Sapiens, oltre a essere definita dal software, è altamente elettrificata, con comandi wireless, ma la vera sfida è che apprenda con il tempo e l’esperienza. Ogni auto avrà il suo gemello virtuale, che sarà possibile portarsi dietro nel momento in cui si cambia vettura”. Lo studio ha affrontato, partendo da un campione relativamente giovane e con un reddito non alto, l’interesse dell’utilizzatore.

Luigi Nasta, professore alla Luiss, ha illustrato dettagliatamente i risultati della ricerca, che si è concentrata sugli aspetti di accettazione della nuova tecnologia, sulla facilità d’uso e sull’empatia. La maggior parte degli intervistati ritiene l’AI un’integrazione utile ma non è ancora favorevole ad accettarla come agente decisionale. Per leggere la ricerca completa qui.

Orecchini ha concluso questa parte dell’incontro ricordando che l’intelligenza artificiale sta raddoppiando ogni 100 giorni le sue capacità di calcolo e che è una presenza già importante sul mercato: “Sono già 11 i software-defined vehicle sul mercato e altri 18 arriveranno nei prossimi due anni. Bisognerà però accelerare dal punto di vista normativo e della sicurezza affinché tutta la filiera dell’automotive possa cogliere le opportunità presenti”.

Nella seconda parte dell’incontro, l’astrofisico Luca Perri ha parlato di sostenibilità dal punto di vista ambientale, economico e sociale, dimostrando come sia inequivocabile l’influenza umana sull’aumento delle temperature negli ultimi due secoli. Ha poi smontato, con una brillante dimostrazione, tutte le teorie del negazionismo climatico, svelando i meccanismi cognitivi per cui alcune di queste teorie infondate fanno comunque presa sul pubblico. “Si tratta di un problema complesso e la soluzione non può essere semplice e univoca. L’unica grande soluzione”, conclude, “è essere consapevoli del problema”.

UNRAE: i dati di fine anno

Prende poi la parola Andrea Cardinali, direttore generale dell’UNRAE, per illustrare la situazione del mercato italiano delle vetture. A novembre si è registrato un -0,2 rispetto al 2023, ma la prospettiva cambia se si guarda agli anni pre-Covid: -18% rispetto al 2019. “È un calo spesso attribuito all’aumento dei prezzi e alla scomparsa delle utilitarie. Ricordiamo però che il costo dei beni primari è aumentato, a differenza del reddito medio degli italiani. Oltre all’aumento dei costi delle materie prime, sono aumentati anche quelli della logistica internazionale, motivo per cui si rinuncia all’acquisto dell’auto e il parco continua a invecchiare. Per quanto riguarda le alimentazioni, l’Italia è incagliata da un pezzo: c’è stato il tracollo del diesel, superato dall’ibrido, ma l’elettrico stenta a decollare, con una quota di mercato ferma al 4%, anche a causa della mancanza di sistemi incentivanti e dell’infrastruttura. Prevediamo un leggero riassestamento nel 2025, poi una nuova flessione”.

E i veicoli industriali? Lo chiediamo a Starace

Diverso il discorso per i veicoli industriali, calati rispetto al 2023 dello 0,8% (e sorprendentemente cresciuti del 24% rispetto al 2019), ma il parco circolante continua ad invecchiare e ci sono previsioni di calo importanti per il 2025.

Sul trasporto pesante abbiamo approfondito l’argomento in una breve intervista a Paolo A. Starace, amministratore delegato di Ford Trucks Italia e Presidente della Sezione Veicoli Industriali dell’UNRAE.

Quanto incide, secondo lei, l’incertezza dovuta alla difficile transizione energetica che stiamo vivendo nel calo delle immatricolazioni di veicoli pesanti negli ultimi mesi, e nelle previsioni fosche per il 2025?

“In realtà, se nell’auto questo elemento ha avuto un impatto rilevante, soprattutto per gli “stop&go” degli incentivi, nel caso dei veicoli industriali, se ci limitiamo a leggere i dati reali, dove ancora oggi il 96-97% dei veicoli immatricolati sono diesel, la transizione energetica per ora ha avuto un impatto relativo. Chi deve investire, continua a comprare un diesel, questa è la realtà dei fatti. Chi sta soffrendo è il settore della produzione industriale, a cui siamo legati a doppio filo: è chiaro che meno si produce, minore è la quantità di merce da trasportare. Credo che uno degli elementi sottostanti a queste difficoltà del settore che l’anno prossimo dovrebbero rivelarsi in maniera più evidente (prevediamo un calo a doppia cifra) siano principalmente determinati da una difficoltà di fondo del Paese”.

Da tempo l’UNRAE chiede un fondo pluriennale dedicato, e comunque interventi di natura strutturale, ma finora dalla politica non sono arrivate risposte. Pensa che il 2025 possa essere l’anno giusto, magari sulla scorta di un movimento di opinione crescente come quello a cui assistiamo?

“Il parco circolante continua a invecchiare e questo non aiuta dal punto di vista della sicurezza e dell’ambiente. Ma è altrettanto vero che qui pesa la mancanza di una visione sul futuro e di una pianificazione di fondi strutturali, pluriennali, che consentano all’imprenditore di programmare gli investimenti. Molto spesso le iniziative come l’annuncio degli incentivi non vengono intraprese con un occhio al vero interesse all’impatto climalterante, ma sono più volti ad accaparrarsi i favori di un settore invece che di un altro. Non abbiamo politiche di lungo respiro o una visione che racconti in quale direzione vogliamo andare come Paese, e questo all’atto pratico ha un impatto sui consumi e sulle decisioni degli imprenditori. La fiducia degli imprenditori rispetto agli investimenti futuri è in continuo calo perché non vedono prospettive di crescita in cui investire”.

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