Una logistica competitiva e sostenibile può portare la Sicilia al centro dei flussi internazionali
Un dibattito vivace e articolato, alla presenza dell’assessore regionale alle Infrastrutture e alla Mobilità, Alessandro Aricò, e di un panel di esperti in ambito accademico, associativo e industriale è andato in scena nel corso dell’ultima tappa del Sustainable Tour 2024 al salone dei trasporti e della logistica mediterranea MedMove di Catania.
L’ultimo appuntamento con il Sustainable Tour 2024, il ciclo di incontri dedicati alla mobilità sostenibile promosso da evenT, si è tenuto sabato 5 ottobre a Catania, nel contesto del salone dei trasporti e della logistica mediterranea MedMove, giunto alla sua seconda edizione. “Sicilia: Un ponte sul Mediterraneo” il titolo del convegno, moderato dal direttore di Trasportare Oggi in Europa, Luca Barassi, e da Fabrizio Dalle Nogare di Vado e Torno, che aveva l’obiettivo di inquadrare il ruolo della Sicilia nello scacchiere logistico attuale e futuro. Uno scenario in grande mutamento e in attesa di infrastrutture – dal ponte sullo Stretto di Messina alle tante opere interne in attesa di realizzazione – in grado di alleviare il peso dell’insularità che attualmente scontano le aziende di trasporti impegnate in Sicilia. Un peso che è stato calcolato in circa 6,5 miliardi ogni anno, pari al 7,4% del PIL regionale.
Un dibattito sulla logistica in Sicilia
Per fare della Sicilia “l’hub commerciale del Mediterraneo verso il Nord Europa” c’è, dunque, sicuramente bisogno di infrastrutture. Non lo ha negato l’assessore regionale alle Infrastrutture e alla Mobilità, Alessandro Aricò, consapevole “dello svantaggio degli imprenditori siciliani”. Più nello specifico delle opere da realizzare, Aricò si è focalizzato sul progetto di realizzazione dell’interporto di Termini Imerese e sul completamento di quello di Catania, l’unico attualmente esistente. “Sull’asse Messina-Palermo i cantieri sono diminuiti e stiamo riprogettando i percorsi della pedemontana di Palermo avvalendoci dei big data sul traffico veicolare. Per sviluppare il trasporto fuori dalla Sicilia, invece, occorre investire sul ponte o sulle autostrade del mare”. L’assessore Aricò si è anche impegnato a garantire un confronto continuo con le associazioni attive nell’autotrasporto siciliano, che sta vivendo un momento di agitazione. Proprio il progetto del ponte sullo Stretto di Messina è stato più volte richiamato nel corso del convegno e considerato come un volano per sviluppare altre infrastrutture che possano giovare al trasporto siciliano e ridare centralità all’isola.
Il compito non semplice di introdurre il dibattito e la tavola rotonda era affidato al professor Marcello Panzarella dell’Università di Palermo, che nella sua analisi è partito dalla storica centralità della Sicilia nei flussi di comunicazione sul Mediterraneo. Una centralità che la regione ha progressivamente perso, fino a essere oggi “lontanissima dalle principali rotte commerciali, con le destinazioni che si sono spostate verso il Nord Europa (Germania, Francia, Paesi Bassi, Scandinavia). A questo si aggiunge la perdita di importanza della rotta mesopotamica a causa dei cambiamenti climatici e dei conflitti in Medio Oriente. Per invertire il trend occorre sviluppare infrastrutture che intercettino le nuove rotte commerciali, specialmente quelle verso l’Africa, continente immenso e troppo spesso dimenticato”.
Le infrastrutture in Sicilia: qualche numero
“La Sicilia deve muovere verso il futuro”, ha fatto eco il professor Paolo Volta, coordinatore didattico di evenT. “Oggi la regione ha 14.700 di rete stradale e solo il 5% autostrade; 1400 km di rete ferroviaria, solo il 58% elettrificata e il 16% a doppio binario, 9 porti, 6 aeroporti e un solo terminal intermodale a Catania. Anche per questi fattori, l’indice dei costi di trasporto della Sicilia è superiore a quello medio italiano di oltre il 50%”. Cosa fare, dunque, per migliorare questi dati? “Sviluppare infrastrutture e collegamenti e investire in competitività, intermodalità e sostenibilità”.
Cosa serve, dunque, innanzitutto, alla Sicilia per essere più competitiva e sostenibile? “Essere sostenibili è già una forma di competitività”, ha sottolineato Sarah Nicosia della DN Logistica, operatore catanese di un certo rilievo, quindi voce diretta dell’industria. “Mancano innanzitutto le infrastrutture interne, il ponte sullo Stretto è solo una parte di questo sistema: fare impresa in Sicilia rimane difficile e costoso”. Il presidente della sezione Veicoli Industriali di UNRAE, Paolo A. Starace, ha portato il punto di vista dei costruttori di veicoli. “Manca una visione di insieme da parte della politica per trasformare la Sicilia in una piattaforma logistica centrale sulle rotte commerciali”, ha detto. “Il ponte si colloca in uno scenario composto da molteplici soluzioni a favore del trasporto siciliano, ma deve essere affiancato da altri investimenti, come alta velocità ferroviaria e doppio binario, per esempio. Un modello a cui ispirarsi potrebbe essere quello di Singapore, che attraverso grandi investimenti è oggi strategico nei traffici marittimi. Con le dovute differenze che tengano conto della tipicità della Sicilia”.
Interporti e sostenibilità
Di interporti ha parlato Gianfranco De Angelis, segretario generale della UIR (Unione Interporti Riuniti). “L’interporto di Catania sta provando a sviluppare e potenziare il trasporto ferroviario e l’intermodalità, ma paga la difficoltà di avere infrastrutture obsolete. Importante sarebbe poter contare su un altro interporto, come potrebbe essere quello di Termini Imerese, per avere un avamposto anche dall’altra parte dell’isola. Tecnologie all’avanguardia, digitalizzazione e formazione di alto livello dovrebbero essere i cardini di un modello di sviluppo tarato sulle specificità della Sicilia”.
Concreto e pragmatico è l’approccio di Daniele Testi, presidente dell’associazione SOS LOGistica, focalizzata sulla promozione di logiche di sostenibilità nel settore. “Dobbiamo domandarci se la Sicilia ha bisogno di logistica di quantità o di qualità. Bisognerebbe, a mio avviso, puntare su una logistica di qualità. E sulla sostenibilità, che automaticamente si traduce in competitività”. E sul progetto del ponte: “Dovremmo piuttosto chiederci se ci sono le risorse per quel tipo di infrastruttura. Va prima potenziato il trasporto portuale e intermodale, per esempio. Per avere uno sviluppo reale, vanno adottati modelli di creazione di valore in ottica futura in grado di ridurre l’impatto economico, sociale e ambientale delle aziende”.