Strade troppo pericolose, è colpa del camion
Sei ciclisti morti sotto i veicoli pesanti a Milano da inizio anno. Il sindaco Sala impone sistemi anti angolo cieco. Il modello di trasporto merci è da rivedere ma colpe e costi si scaricano ancora una volta sugli autotrasportatori. Leggi l’articolo completo su Vado e Torno di ottobre.
È durato poco il periodo nel quale, durante la pandemia, gli autotrasportatori sono stati definiti eroi, per aver continuato a lavorare a loro rischio e pericolo, approvvigionando negozi e supermercati e permettendo agli italiani barricati in casa di fare la spesa. In una parola: permettendo al Paesi di non fermarsi.
Siamo già tornati alla normalità: quando c’è da scaricare la colpa delle lacune della viabilità e dell’insicurezza, che si tratti di autostrade o di strade urbane, ecco che camion e relativi autisti sono i capri espiatori. Come per magia ci si dimentica che gli scaffali dei supermercati sono pieni grazie ai tir, e si ricomincia ad accusarli di inquinare o, peggio, uccidere.
Da inizio anno, sono sei i ciclisti vittime dei camion a Milano. Anche in pieno centro: l’ultima, 28 anni, a due passi da Porta Romana. Ma è troppo facile dare la colpa ai camion. Sarebbe onesto invece ammettere che qualcosa, nel trasporto merci su gomma, a Milano non funziona.
Dal 1° ottobre solo con allarme ciclista
Dunque, il sindaco Beppe Sala ha deciso che dal 1° ottobre 2023, a Milano, potranno circolare in Area B solo i camion N3 con sistemi capaci di rilevare pedoni e ciclisti in prossimità degli ‘angoli ciechi’. Niente, invece, su organizzazione del trasporto merci in città, circolazione dei veicoli da cantiere e delle biciclette.
Già, le biciclette. Ecco perché è particolarmente significativa l’inedita alleanza tra il funzionario di un’associazione degli autotrasportatori, Mattia Baldis della Fai di Bergamo, e l’ex campione del ciclismo, Silvio Martinello, vincitore di un titolo olimpico su pista, di cinque mondiali, di 14 titoli nazionali e 21 corse su strada.
Martinello ha scritto sul sito Altropensiero.net l’articolo “Basta con l’imbroglio delle finte piste ciclabili”, rilanciato e sottoscritto da Baldis. L’olimpionico fa riferimento al bonus bici pandemico, che voleva incentivare l’utilizzo delle due ruote, per affermare che si dovrebbe «iniziare dalle infrastrutture specifiche, se si desidera incidere sulle abitudini delle persone, e solo successivamente concentrarsi sugli stimoli all’acquisto del mezzo. Non basta una mano di vernice sull’asfalto per creare una pista ciclabile. Perché così si rischia solo di aumentare il pericolo, soprattutto nei punti, e sono tanti, lungo le strade, dove le condizioni delle vecchie carreggiate non consentono neppure lontanamente di parlare di sicurezza, con la corsia che si restringe o addirittura scompare».
E continua: «le “bike lane”, corsie ricavate con righe bianche tracciate sulle strade dalla sera al mattino in tante città italiane», sono «molto pericolose, e oggetto di critiche e lamentele sia da parte di chi le utilizza in bici, credendole erroneamente piste ciclabili, sia da parte di chi motorizzato le subisce e le percepisce come un ulteriore ostacolo».
Le aziende di trasporto sono in seria difficoltà
Resta comunque il fatto che la decisione del Comune di Milano ha messo in seria difficoltà le aziende di trasporto che operano nel capoluogo lombardo. Da qui, la protesta di Unatras, caduta a sua volta nel tranello di prendersela con il comportamento di pedoni e ciclisti: vero che molti circolano in modo poco rispettoso delle regole, ma, ripetiamo, il problema vero è il sistema che non funziona: «Pur condividendo l’obiettivo del Comune di migliorare la sicurezza stradale in ambito cittadino, stigmatizziamo questo approccio unilaterale che criminalizza i mezzi pesanti, perché la sicurezza non si garantisce con approcci vessatori senza prevedere obblighi nei confronti degli ‘utenti deboli della strada’, pedoni e ciclisti, i cui comportamenti sono spesso alla base degli incidenti».
Vista l’importanza di Milano, il caso è diventato nazionale. «Unatras chiede l’intervento del ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Matteo Salvini, affinché si evitino penalizzazioni contro i mezzi pesanti e, soprattutto, si faccia chiarezza rispetto a decisioni unilaterali e disomogenee che le varie amministrazioni locali potrebbero attuare generando caos tra migliaia di operatori del settore. Il provvedimento del Comune di Milano, infatti, non tiene conto dei dati del ministero dell’Interno, dai quali risulta invece un calo della percentuale di incidenti in cui sono coinvolti i veicoli commerciali anche grazie all’attenzione che la categoria riserva alla sicurezza di tutti gli utenti della strada. Quello della sicurezza stradale è un tema che non si può pensare di risolvere con la sola politica dei divieti». E, ancora: «È necessario affrontare il problema nella sua complessità, considerando l’incremento del traffico commerciale verso le città, le problematiche legate alle consegne dell’ultimo miglio, la conformazione dei centri urbani e la necessità di infrastrutture adeguate».
Nel 2024 l’obbligo Ue solo per i camion nuovi
Le difficoltà per le imprese sono oggettive, e vanno dai costi alla mancanza di normative precise: «Il Comune di Milano obbliga a installare un dispositivo che l’Europa renderà obbligatorio a luglio 2024 solo per i veicoli nuovi», scrive la Fai.
«Sottolineiamo i tempi strettissimi che le imprese hanno a disposizione per adeguarsi, (la delibera è datata 11 luglio, e gli obblighi decorrono dal 1° ottobre) e la confusione generata fra gli operatori per la mancanza di specifiche tecniche sui dispositivi (solo questa settimana sono stati pubblicate le certificazioni richieste). Per stessa ammissione del Comune di Milano, peraltro, in Italia non esiste una normativa sui sensori degli angoli ciechi. E il nostro Codice della strada non fa ancora alcun riferimento a tali dispositivi», scrive ancora Unatras.
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