Ancora oggi, in fatto di sicurezza stradale, il ritiro della patente rappresenta probabilmente il deterrente più efficace per garantire il rispetto del Codice della Strada. Extrema ratio nei casi di inadempienza più gravi. Ad esempio, la guida in stato d’ebrezza del conducente. Oppure, l’assunzione di sostanze stupefacenti.

Negli ultimi anni, molti i dubbi sulla misura del ritiro della patente. Dubbi legati prevalentemente al tempo che deve intercorrere tra la sua revoca e il conseguimento di una nuova licenza. Il Ministero dell’Interno e il MIT, chiedendo un parere dell’Avvocatura di Stato, hanno fatto finalmente chiarezza.

Ritiro della patente, quanto tempo deve passare per rifare gli esami?

I dubbi legati al ritiro della patente ruotano intorno al cosiddetto “presofferto”. Si tratta in sostanza del periodo che intercorre tra la sospensione provvisoria, comminata durante il fermo di polizia che ha fatto scattare il ritiro per guida in stato di ebbrezza o di assunzione di sostanze stupefacenti, e il passaggio in giudicato della sentenza che accerta effettivamente il reato.

L’Avvocatura di Stato ha ripreso quanto contenuto nella sentenza 126/2020 della Quarta Sezione Penale della Corte di Cassazione inerente proprio il cosiddetto “presofferto”. Per l’avvocatura, la nuova patente di guida «può essere conseguita solo dopo che siano trascorsi tre anni. Tre anni dal passaggio in giudicato della sentenza che abbia accertato il reato. Dai tre anni va scomputato l’eventuale periodo di sospensione della patente che ha preceduto la revoca».

Quindi, nessun combinato disposto che sarebbe andato a pesare ulteriormente sul periodo di stasi di tre anni a cui, quindi, non va aggiunto il periodo di sospensione provvisoria.

Indicare o non indicare?

Nella richiesta di chiarimento avanzata dai due ministeri era presenta anche un’altra questione, legata questa volta alle competenze del Prefetto in merito al ritiro della patente e all’eventuale indicazione della data in cui sarebbe terminato il divieto per il conseguimento di una nuova licenza di guida. Il dubbio era legato anche al ruolo giocato dal Prefetto nell’ammissione (o meno) del soggetto all’esame.

L’Avvocatura dello Stato ha ritenuto inopportuno «inserire nel documento in questione una tale indicazione, essendo essa di competenza del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, al di fuori dell’ipotesi di verifica del possesso dei requisiti morali di cui all’art. 120 del codice della strada».

Per corroborare questa posizione l’organo competente ha infine fatto presente che «l’indicazione, nei provvedimenti di revoca, della data in cui termina il divieto di conseguire una nuova patente non sembra imposta da nessuna disposizione di legge, né costituisce esercizio di un potere discrezionale, considerato anche che l’interessato “ha a sua disposizione tutti i dati per effettuare il calcolo, peraltro elementare”».

In primo piano

Articoli correlati