Cabotaggio: attacco green al Pacchetto Mobilità. L’Unione Europea lo scorso luglio ha approvato il Pacchetto Mobilità 2020 che prevede quote nel cabotaggio internazionale oltre all’obbligo di rientro la Paese d’origine ogni otto settimane. Una direttiva che ai Paesi dell’Est (e non solo) non va giù: Bulgaria, Romania, Ungheria, Polonia, Lituania, Lettonia, Cipro e Malta che già avevano cercato di “fare muro” al momento delle votazioni, si sono mobilitati per mandare in fuori gioco il provvedimento.

pacchetto mobilità

Pacchetto mobilità, le politiche green utilizzate per rallentarne l’entrata in vigore?

E la pandemia, con la conseguente contrazione dei volumi del traffico merci, ha fatto sì che, da soli o in gruppo, i rispettivi governi si scatenassero, tra richieste di sospensiva e ricorsi alla Corte di Giustizia. Un assist inatteso (almeno all’apparenza) è giunto loro da due studi sull’impatto ambientale del Pacchetto fatti realizzare dalla Commissione Europea e pubblicati lo scorso 18 febbraio. Ricerche secondo le quali la nuova direttiva Ue potrebbe avere un’incidenza talmente negativa sull’ambiente da mettere in discussione gli obiettivi dell’accordo sul Green Deal approvato dagli Stati membri lo scorso dicembre.

In particolare, la “regola del rientro” potrebbe innescare fino a 2,9 milioni di emissioni extra di CO2 nel 2023, oltre ad aumentare di quasi il 5 per cento l’inquinamento legato al trasporto internazionale di merci. Quanto ai limiti al cabotaggio, la maggiore incidenza di viaggi a vuoto potrebbe provocare un’ulteriore produzione di circa 400mila tonnellate di CO2 ogni anno. Il più per il meno, il Pacchetto Mobilità arriverebbe a pesare ogni anno in termini di emissioni supplementari quanto l’inquinamento generato dal trasporto in Estonia: 3,4 milioni di tonnellate di CO2, 700 ton di NOx e 250 ton di particolato (PM2,5). Questi i numeri.

Alla base delle proteste alcuni studi controversi

Ma c’è chi ha cominciato a farsi qualche domanda. Chiedendosi chi ha commissionato le ricerche. In teoria dovrebbe essere un’istituzione europea al di sopra delle parti. Nei fatti è un organo di governo della Ue dove è arcinoto che i commissari dei Paesi coinvolti stanno facendo il diavolo a quattro per bloccare il recepimento della direttiva come legge dei singoli Stati: la conversione deve infatti avvenire entro 18 mesi dall’approvazione.

I più sospettosi inoltre, abituati alle scorrettezze della cordata capitanata dal premier ungherese Orban, sono pure andati a verificare chi sono gli autori degli studi, scoprendo che in un caso si tratta di una società di consulting ingegneristica, nell’altro di una società di analisi territoriale. La prima, commissionata da Bruxelles, era favorevole; la seconda diceva l’opposto.

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