Nuova via della Seta: la Cina allunga le mani sui porti europei
Lo scorso anno il Presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker ha avanzato la proposta di istituire un nuovo meccanismo europeo per vagliare gli investimenti diretti esteri (Ide), sostenendo che «se una società straniera di proprietà statale vuole acquistare un porto europeo, parte della nostra infrastruttura energetica o una società di tecnologia della difesa, questo dovrebbe […]
Lo scorso anno il Presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker ha avanzato la proposta di istituire un nuovo meccanismo europeo per vagliare gli investimenti diretti esteri (Ide), sostenendo che «se una società straniera di proprietà statale vuole acquistare un porto europeo, parte della nostra infrastruttura energetica o una società di tecnologia della difesa, questo dovrebbe avvenire in modo trasparente e dopo un informato dibattito».
Questa proposta, scaturita delle crescenti preoccupazioni riguardo all’acquisizione di infrastrutture e imprese europee strategiche da parte di investitori stranieri spesso direttamente legati a governi, ha suscitato un’ampia discussione in Europa su se, ed eventualmente in che modo, l’Unione europea (Ue) debba avere il potere di passare al setaccio gli Ide – in linea con quanto fatto sin dal 1975 dal governo federale americano attraverso il Committee on Foreign Investment in the United States (Cfius).
All’inizio di quest’anno, i leader europei riuniti nel Consiglio europeo hanno invitato le istituzioni comunitarie a vagliare questo dossier, con l’obiettivo di chiudere un accordo definitivo sul tema prima delle prossime elezioni europee. Alla luce di questi sviluppi, riteniamo sia utile accendere i riflettori sul crescente coinvolgimento della Cina nel sistema portuale europeo.
I porti europei nel mirino del Dragone
Negli ultimi anni i porti europei hanno attirato la crescente attenzione della Cina. Tale interesse va contestualizzato nel più ampio quadro della ‘Nuova via della Seta’, la grande iniziativa cinese che comprende numerosi progetti infrastrutturali finalizzati a facilitare i commerci tra Cina, Asia, Africa ed Europa. Questa iniziativa, anche denominata ‘Belt and Road’, non rappresenta solo un insieme di progetti per migliorare i commerci, ma anche e soprattutto un tentativo di perseguire una più profonda integrazione della Cina nell’economia mondiale.
La Nuova via della Seta comprende una linea infrastrutturale di terra (ferrovie e strade) in grado di collegare Cina ed Europa attraverso l’Asia centrale, il Medio Oriente e la Russia, e una linea marittima che unisca Cina ed Europa tramite il Sud-est asiatico, l’India, l’Africa orientale e il Mediterraneo.
Come da tradizione cinese, alle idee sono presto seguiti i fatti. Solo nel 2016, la China Development Bank ha, infatti, fornito finanziamenti per 12,6 miliardi di dollari a progetti infrastrutturali afferenti alla Nuova via della Seta. La Cina ha altresì istituito il ‘Fondo della via della Seta’, le cui risorse sono destinate unicamente all’iniziativa. In questo contesto, nell’ultimo decennio la Cina ha acquisito – sia attraverso aziende pubbliche che attraverso aziende private – partecipazioni in otto porti europei, localizzati nei Paesi Bassi e in Belgio, Spagna, Francia, Italia e Grecia.