“Siamo sulla strada giusta”. La nostra intervista a Luca Sra, presidente Truck business unit di Iveco Group
La presentazione della nuova gamma Iveco fa parte di un percorso, iniziato 4 anni fa con il lancio dell’S-Way, che ha dato credibilità, consistenza e sostenibilità all’azienda. Per affrontare una transizione che potrebbe presto allargare i suoi orizzonti tecnologici. Parla il capo della business unit Truck di Iveco Group, Luca Sra.
Non un punto di partenza, ma nemmeno un punto di arrivo. La presentazione della gamma Iveco 2024, risultato del più grande investimento nella storia del costruttore nazionale, fa parte di «un percorso di ricostruzione paziente che dura da quasi 5 anni. Un percorso di crescita, basato sui prodotti e sui servizi, che ha visto come tappe fondamentali il lancio dell’S-Way nel 2019, il lancio della gamma off-road poco dopo e il rinnovamento della gamma Daily nel 2022». Luca Sra, numero uno della business unit Truck di Iveco Group, ha fatto gli onori di casa lo scorso novembre a Barcellona nel corso di quella che è, finora, l’ultima stazione di un cammino che ha dato a Iveco «credibilità, sostenibilità e consistenza di risultati».
Luca Sra (Iveco Group) fissa il target
Quali sono, adesso, gli obiettivi di Iveco a livello europeo?
«Continuare a perseguire, anno dopo anno, il nostro piano strategico. Quindi consolidare la gamma Daily, augurare lunga vita all’Eurocargo e acquisire un posizionamento migliore nella gamma pesante. Più che a un’espansione massiva della quota di mercato, guardiamo alla sostenibilità dei volumi guidata da una migliore resa in termini di marginalità».
Uno dei messaggi che ci portiamo a casa da Barcellona riguarda il coraggio che Iveco ha avuto nel dire che per il lungo raggio l’elettrico, al momento, non può essere la soluzione. Come siete arrivati a questa affermazione?
«Con grande senso pratico. Prendiamo un trasportatore che opera su tratte internazionali: semplicemente, non puoi operare se non hai l’autonomia sufficiente a garantire la produttività della tua attività. È naturale, quindi, pensare che ci sia bisogno di tempo, di una transizione che dev’essere guidata. La nostra non è una posizione critica né opportunistica, ma una dichiarazione di estrema concretezza. In questo momento è chiaro quello che chiede il legislatore, è chiara la soglia, così come sono chiare le penali in caso di mancato raggiungimento degli obiettivi. Tutti gli altri capitoli sono aperti. Per esempio, dove è oggi l’infrastruttura per il rifornimento dei veicoli a idrogeno, vettore promettente per le lunghe percorrenze? E qual è il ragionamento rispetto a un parco circolante che in Italia ha una vetustà superiore ai 10 anni?».
Il ruolo di biocarburanti e biogas
Su quale tecnologia dovrebbe puntare un trasportatore che si occupa di lunghe percorrenze e che vuole muovere un passo verso la sostenibilità?
«Detto che, naturalmente, dipende dalle esigenze specifiche di ogni azienda, sul lungo raggio suggeriamo di valutare i biocarburanti o l’Lng, tenendo d’occhio quello che sarà il futuro dell’idrogeno tra fuel cell e motore a combustione interna. Parlando di transizione, l’ormai prossimo rinnovo della Commissione europea potrebbe aprire dei nuovi capitoli: abbiamo visto nell’ultimo anno una levata di scudi da parte di alcuni governi europei su come affrontare la transizione energetica nel trasporto. Io credo che alcune questioni siano state trattate con estrema superficialità e che sia arrivato il momento di fare chiarezza, perché poi alla fine ci vuole chi sostenga il costo di tutto questo».
Che tipo di eredità vi ha lasciato, in positivo o in negativo, la joint venture con Nikola nello sviluppo dei veicoli a emissioni zero?
«Io credo che ci abbia lasciato un patrimonio materiale e immateriale. Quello immateriale sono la proprietà intellettuale e tutti i diritti che ne derivano rispetto a un processo che, attraverso la partnership con Nikola Motors, ci ha consentito una grande accelerazione sulla capacità di acquisire tecnologie che quattro anni fa non avevamo, nonché di creare competenze ed esperienze. Gestire una partnership è una grandissima opportunità per imparare e per mettersi in discussione e acquisire una flessibilità che non tutti hanno. Si tratta di cercare un equilibrio tra le tue esigenze e quelle della controparte, con l’incontro tra culture anche molto diverse tra loro».
C’è un’ipotesi di elettrificazione dell’Eurocargo, sulla scia di un trend che potrebbe ridare nuova linfa al segmento della distribuzione?
«L’Eurocargo continua a far bene il suo mestiere. In Italia siamo intorno al 50 per cento di quota di mercato, per esempio. In tutta onestà, parliamo di un mercato che rimane contenuto in termini numerici ed è difficile pensare di poter ripagare un investimento come quello che richiederebbe la progettazione di un veicolo elettrico. Investimenti che si aggiungerebbero a quelli per far fronte alle richieste del legislatore, per esempio in termini di ADAS, step C e D. Allargando lo sguardo al segmento dei medi, noi siamo convinti che non scomparirà, ma da qui ai prossimi dieci anni si potrebbe configurare in maniera diversa e più modulare: un downscaling per il limite superiore del segmento, diciamo dalle 15 alle 19 ton, e possibilmente un ‘allungamento’ dei veicoli commerciali leggeri per il limite inferiore, dai 7,2 ai 10 ton. Probabilmente andranno fatte riflessioni di questo tipo».