Anche l’autotrasporto rientra nel piano Industria 4.0. Le imprese possono beneficiare di incentivi per investimenti tecnologici. Ma occhio ai consulenti che la fanno troppo facile. Per avere un credito d’imposta, ricerca e sviluppo bisogna farli sul serio, non per finta.

Parola chiave: interconnessione

Quarta rivoluzione industriale, o per dirla smart Industria 4.0, sta a significare l’interconnessione tra macchine intelligenti e componenti industriali sensorizzati, cioè resi comunicanti secondo i meccanismi dell’Internet delle cose (Iot). Se poi si aggiunge l’interpretazione in tempo reale della grande massa di dati scambiati, ecco la promessa di maggiori flessibilità, velocità e produttività. Varato dal ministro dello Sviluppo economico, Carlo Calenda, il piano Industria 4.0 dà forti incentivi alle imprese che decidono di investire in questa direzione. Basti pensare che con l’iper ammortamento, che permette di incrementare del 150 per cento il costo deducibile di tutti i beni strumentali acquistati per trasformare l’impresa in chiave tecnologica e digitale, il costo di un investimento da un milione scende a 400 mila euro.

Industria 4.0 al convegno Anita

Anche l’autotrasporto è investito dai grandi cambiamenti di Industria 4.0. Non per niente Anita, che associa molte delle imprese italiane più grandi, ha dedicato a questo tema la sua assemblea generale, dal titolo ‘Benvenuto futuro’. Ma siamo in Italia, e prima di quel che è possibile, (forse) fare, è bene partire da ciò che è meglio non fare per non essere gabbati e non buttare soldi. Sembra infatti ci sia sovrabbondanza di consulenti che promettono alle aziende benefici legati al piano Industria 4.0, senza però verificare con la necessaria cura che gli investimenti rientrino nelle fattispecie previste dalla legge. Succede soprattutto col credito d’imposta al 50 per cento sui progetti di ricerca e sviluppo (R&S), una delle misure del Piano. Tali consulenti spingerebbero le imprese a chiedere il credito d’imposta su progetti di ricerca fantomatici da svolgersi in azienda, dove invece di ricerca non se ne fa. Ma non si può spacciare un’attività di trasporto o il test di un nuovo tipo di pallet per attività di R&S. Il rischio è che un controllo della Guardia di finanza scopra il trucco.

(immagine: Getty images)

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