L’ossimoro diesel pulito; per Bosch ora è possibile
Dopo lo scontro avvenuto a marzo al Salone di Ginevra tra costruttori tedeschi e ‘resto del mondo’, scatta un altro round del match sul futuro del motore diesel. Ed è ancora la Germania ad alzare la voce. «Il diesel ha un futuro. Oggi vogliamo archiviare definitivamente il dibattito sulla fine del diesel», ha dichiarato il […]
Dopo lo scontro avvenuto a marzo al Salone di Ginevra tra costruttori tedeschi e ‘resto del mondo’, scatta un altro round del match sul futuro del motore diesel. Ed è ancora la Germania ad alzare la voce. «Il diesel ha un futuro. Oggi vogliamo archiviare definitivamente il dibattito sulla fine del diesel», ha dichiarato il 25 aprile, durante la presentazione dei dati di bilancio del gruppo, Volkmar Denner, CEO di Bosch. Non proprio un signor nessuno e non proprio un’azienda senza peso nell’economia mondiale del diesel, visto che nel 2017 Bosch ha fatturato 47,4 miliardi di euro (in crescita del 7,8 per cento), su 78,1 totali, solo nelle Mobility Solutions, ovvero la componentistica, sistemi d’iniezione in testa, automotive.
Parere interessato, dunque. Anche se non privo di risvolti intriganti. Denner ha infatti svelato che, grazie agli ultimi sviluppi tecnologici di Bosch, le emissioni di ossidi di azoto (Nox) possono ridursi a un decimo (13 milligrammi per chilometro) di quelle previste dai limiti 2020 per le auto, ovvero 120 milligrammi per chilometro con le prescrizioni Rde (Real Driving Emission). E anche nelle peggiori condizioni di uso cittadino, non si andrebbe mai oltre i 40 grammi. Quindi «il motore diesel diventerà una soluzione a basse emissioni economicamente vantaggiosa».
Emissioni, manca una vera valutazione completa
Altro tema di discussione introdotto da Denner, è la richiesta di aprire un focus sulle misurazioni dei consumi, e quindi sulle emissioni di CO2, in modo che non siano più fatte in laboratorio ma in condizioni di guida reali per avere «maggiore trasparenza per i consumatori e maggiore fermezza nel perseguire l’obiettivo di salvaguardare il clima». Sempre sulla CO2, Denner ha poi sollevato una questione non proprio secondaria. Sostenendo che c’è bisogno di una valutazione completa dei livelli di emissione, che non si limiti soltanto a quelle misurabili sui veicoli. Si dovrebbe infatti tenere conto anche delle emissioni di CO2 risultanti dai processi di produzione dei vari carburanti e, soprattutto, di quello più smart del momento, l’energia elettrica.
Valutazione che, da quei precisini che sono, hanno già fatto gli svizzeri. Secondo un’analisi del Touring Club Svizzero datata 2016 e fatta su utilitarie diesel, benzina, metano e elettriche, le emissioni complessive di CO2 di una piccola elettrica sono di 50 grammi al chilometro, tenuto conto del mix con cui è prodotta l’energia in Svizzera. Sempre un po’ meno della metà rispetto a un diesel o a un gas (ma non a biogas), comunque non zero come si vorrebbe far credere. Resta però il particolato. Denner non ne parla. Ma l’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) dichiara che portando da 70 a 20 microgrammi per metro cubo la concentrazione di Pm 10, che deriva per lo più dai combustibili fossili, si potrebbe ridurre del 15 per cento la mortalità derivante dall’inquinamento.