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Un anno fa il ministero del Lavoro bollava come fuorilegge gli autisti dell’Est sottopagati. Ma nulla è cambiato. La somministrazione di lavoro da Romania, Bulgaria e altri paesi dell’ex blocco sovietico dilaga. E le norme sul cabotaggio non sono ancora applicate.

Vi dice qualcosa? «Supera la crisi. Riduci i costi. Con i lavoratori interinali con contratto rumeno.». Era lo sfacciato manifesto pubblicitario di un’agenzia interinale con sede a Brasov, rivolto in modo particolare alle aziende di autotrasporto e denunciato dalla Cgil. Inaspettata, il 9 aprile dell’anno scorso la reazione del Ministero del lavoro che tuonava in una circolare: «Gli annunci pubblicitari in questione riportano informazioni in netto contrasto con la disciplina comunitaria e nazionale in materia di distacco transnazionale».

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E ancora: «Il lavoratore interinale ha diritto a condizioni di base di lavoro e d’occupazione complessivamente non inferiori a quelle dei dipendenti di pari livello dell’utilizzatore, a parità di mansioni svolte». Peccato che, nel mondo dell’autotrasporto (e non solo), la realtà è clamorosamente distante dalle buone intenzioni espresse nella circolare ministeriale. E a distanza di quasi un anno, la situazione non è affatto migliorata, anzi. «Il fenomeno dell’utilizzo di personale fornito da agenzie interinali, che hanno sede in Romania ma testa in Italia, nelle nostre aziende di autotrasporto è ormai dilagato.

Quelle agenzie di rumeno hanno solo la testa di legno che serve ad aprire la società. Per il resto, i personaggi che girano per fare offerte spaventose alle aziende sono italiani. Ci sono aziende di autotrasporto italiane che sono interamente costituite da personale somministrato da Romania, Bulgaria o Polonia, che poi non di rado hanno anche una sede là e praticano anche l’altra forma di dumping, quella del cabotaggio irregolare. Sono due fattispecie che spesso si mescolano», denuncia Maurizio Amadori della Filt-Cgil delle Marche.

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