Non c’è stata storia. La Dakar 2022 è stata un lungo monologo firmato Kamaz. Diciannovesima vittoria, podio monopolizzato e perché la festa fosse davvero completa, pure il quarto posto a mo’ di ciliegina sulla torta. Alla concorrenza tutta, le briciole. Una performance da incorniciare. Sempre davanti a tutti, lo squadrone russo: nelle tappe (già dal prologo di Jeddah) e naturalmente in classifica generale. Quello del team bianco-azzurro dell’Est è stato un dominio. Netto, assoluto.

Addirittura imbarazzante se si considera quanto invece è accaduto nelle altre due categorie storiche della corsa, ovvero nelle moto e nelle auto, dove pur in presenza dei favoriti della vigilia, non è mancata lotta e incertezza per la vittoria di tappa e per il risultato finale. Nei camion, al contrario, è andato in scena un copione noioso fino agli sbadigli. Non c’è mai stata corsa: i quattro Kamaz sono stati di un altro pianeta. Devastante la supremazia di questi autentici missili, che pure in qualche occasione non hanno mancato di patire quà e là problemi meccanici e pure qualche difficoltà di navigazione. Ma tale e tanto era il margine di vantaggio sul resto della compagnia, che mai in nessun frangente la loro leadership è stata messa in discussione.

Dakar, Kamaz è l’unico marchio a vincere in tutti i continenti

Diciamolo: sarà pure stato divertente per i fan russi del marchio di Nabereznye Celny, che ha messo in mostra per l’ennesima volta una straordinaria superiorità, anche organizzativa, meritando pienamente ogni singolo risultato nelle due settimane di corsa. Ma così la Dakar dei truck perde ogni sapore. Forse, allora, bisognerebbe fare come gli organizzatori del giro ciclistico d’Italia nel 1930, che pagarono al dominatore della scena nazionale di quel tempo, il varesino Alfredo Binda, il ricco premio previsto per il vincitore della corsa (22.500 lire) a patto che il campione di Cittiglio rinunciasse a partecipare. E Binda, attento alla gloria e all’Albo d’Oro, ma certo non insensibile all’aspetto economico della faccenda, accettò. La nostra vuole essere soltanto una provocazione (quanto simpatica, lo decida ciascun lettore), chiaramente inapplicabile nel caso del più prestigioso e affascinante rally raid.

Ma che il lungo dominio Kamaz tolga suspence e incertezza alla corsa, beh è un dato di fatto. Che certo non può essere imputato a questa fantastica armata, giunta al suo diciannovesimo centro (il primo nel 1996) e manco a dirlo, unico costruttore ad aver trionfato nei tre Continenti visitati dalla corsa: in Africa, Sudamerica e ora qui, in Arabia Saudita, dove la Dakar corre da tre anni, e da tre anni, puntualmente, è sempre Kamaz a finire sul gradino più alto del podio.

Per Sotnikov è doppietta

Ha vinto Dmitry Sotnikov. Alla sua nona Dakar. Non è che nelle prime sette partecipazioni avesse fatto faville: sei tappe vinte in totale e un secondo posto, nel 2020, quale miglior risultato, non è molta cosa per chi stringe nelle mani il volante di un Kamaz. Ma evidentemente il successo dello scorso anno (condito da quattro vittorie di tappa) lo ha sbloccato. Ed eccolo qui, in questo tribolatissimo inizio di 2022 ancora marcato strettro dalla pandemia anche in terra araba, a festeggiare la (forse insperata) doppietta.

Beninteso, Sotnikov ha pienamente meritato. Ha impresso il suo passo fin dal via, e senza sbavature si è costruito un margine di vantaggio che poi ha saggiamente amministrato. Messa così, un gioco da ragazzi per chi veste Kamaz. Con lui sul podio, Nikolaev, ottimo secondo, e Shibalov, buon terzo. Con Karginov ad applaudire i compagni dalla quarta piazza. E gli altri? Beh, c’è davvero poco da dire. I musoni Iveco Powerstar si sono presi le altre sei posizioni della top ten rispettivamente con Van Kasteren, Martin Van den Brink, Macik, Versteijnen, De Groot, Mitchel Van den brink. Ma i Kamaz li vedevano solo al bivacco. In corsa non c’è mai stata storia.

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