Dakar 2020, Kamaz e null’altro. Tutto il resto è noia
Dakar 2020. Un’altra perla si è aggiunta alla prestigiosa collana Kamaz. La diciassettesima di una serie che il costruttore russo ha cominciato a comporre nel 1996, quando peraltro la Dakar, già faticando a conservare non tanto lo spirito dell’avventura, quanto piuttosto l’originaria rotta tracciata a suo tempo da Thierry Sabine, aveva da qualche anno cominciato […]
Dakar 2020. Un’altra perla si è aggiunta alla prestigiosa collana Kamaz. La diciassettesima di una serie che il costruttore russo ha cominciato a comporre nel 1996, quando peraltro la Dakar, già faticando a conservare non tanto lo spirito dell’avventura, quanto piuttosto l’originaria rotta tracciata a suo tempo da Thierry Sabine, aveva da qualche anno cominciato ad esplorare nuovi percorsi (non a caso proprio quell’edizione della corsa vinta da zar Chaguine, prese il via da Granada). Ma questo è un altro discorso, sul quale casomai sarà utile ritornare per un’analisi e una valutazione più approfondita. Torniamo a quel diciassette. Numero scaramantico che nel linguaggio del costruttore che ha sede nell’impronunciabile città russa di Nabereznye Celny, è sinonimo di dominio. Sì, perchè considerando le ultime ventiquattro edizioni della corsa, cioè dal 1996 di quella prima vittoria a oggi, in questo si è tradotta l’ormai sacra partecipazione di Kamaz al rally raid più prestigioso, difficile e controverso.
Dakar 2020 in Arabia Saudita
Dunque, la vittoria della Dakar 2020 che ha tenuto a battesimo gli inediti, suggestivi e complicati scenari dell’Arabia Saudita, non può certo essere considerata una sorpresa. Al contrario. Scorrendo infatti la lista dei 46 equipaggi al via tra i camion, impossibile pronosticare un diverso epilogo. A meno di imprevedibili stravolgimenti, sempre possibili in una competizione con il coefficiente di difficoltà di una Dakar, ma che nel caso specifico non hanno fatto parte della cronaca delle dodici tappe andate in scena quest’anno. Kamaz doveva essere e Kamaz è stato, con lo squadrone agli ordini del mitico Vladimir Chaguine (sette Dakar vinte) capace ancora una volta di un’impressionante prova di forza che ha letteralmente schiantato la concorrenza.
Dakar 2020, ha pesato l’assenza di Gerard De Rooy
Tuttavia, al di là del superiore quanto indiscusso peso specifico dell’armata Kamaz, l’impressione è che, quest’anno in particolare, sia mancato l’avversario in grado di mettere pressione al team bianco-blu. L’assenza di un mastino quale è Gerard De Rooy, l’unico in tempi recenti capace di mettersi alle spalle lo squadrone russo (nel 2012 e poi ancora nel 2016), si è fatta sentire eccome. E con gli Iveco Powerstar del team Petronas De Rooy più che mai sottotono, nonchè afflitti pure da una serie di guai meccanici, certo non poteva bastare l’impegno e la tenacia del bielorusso Viazovich al volante del suo non irresistibile Maz, a impensierire e contrastare lo squadrone dell’Est.
Dakar 2020, una passerella per Andrey Karginov
E cosi i Kamaz hanno fatto il bello e cattivo tempo, malgrado l’anticipata (e imprevista) uscita di scena di Nikolaev, l’uomo di punta vincitore della Dakar 2019, messo ko da una serie di guai al suo veicolo (poi rientrato in corsa, ma fuori classifica, sfruttando l’assurda cervellotica regola Dakar Experience). A quel punto, si era ancora nella prima fase della corsa, il testimone è passato nelle mani di Karginov. Che forse stupito di tanta grazia, o forse anche no, prima ha avvicinato la leadership provvisoria di Viazovich (Maz) centrando il successo nella terza frazione, poi è balzato al comando della classifica dopo quella successiva, mandando in scena uno show degno del campione che ha dimostrato di essere, contando alla fine ben sette vittorie di tappa (cioè una in meno delle otto conquistate nelle precedenti sei Dakar disputate: debutto nel 2010 ma come meccanico di Mardeev).
Shibalov e Sotnikov completano il trionfo
Insomma, un trionfo, per Karginov, al suo secondo successo nella corsa dopo quello del 2014, e per Kamaz, che ha completato la festa con il secondo posto di Shibalov (tre successi di tappa) e il quarto di Sotnikov (una vittoria).A impedire un podio tutto bianco-blu, il meritato terzo posto di Viazovich (Maz), partito a razzo con due successi di tappa che forse avevano anche illuso, ma poi costretto, di fronte all’evidenza di un Kamaz ancora troppo superiore, a cedere il primato agli insuperabili. Alberto Gimmelli