Dopo l’indignazione del mondo dei trasporti, la dura risposta di Paolo Uggè non si è fatta attendere: per il vicepresidente di Conftrasporto-Confocommercio la teoria secondo cui i camion e gli autotrasportatori avrebbero rappresentato la principale modalità di trasmissione del coronavirus in Italia è da ritenersi assurda. “Verrebbe proprio da affermare: mio Dio, mio Dio perché ci hai abbandonato in queste mani? Nessuno intende assolutamente essere blasfemo, ma la domanda sorge spontanea dopo aver letto il “teorema” di un esperto secondo il quale il Coronavirus potrebbe essersi spostato rapidamente su tir”, così esordisce Uggè su “Ruote d’Italia”.

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La teoria sulla diffusione del coronavirus e la critica di Uggè

Giovanni Sebastiani, uno dei due scienziati al centro della bufera, prima in un articolo pubblicato sul sito ScienzaInRete, poi in un’intervista rilasciata al Corriere della Sera, aveva fatto notare come tutte le province più colpite dal coronavirus si trovino nei pressi di quattro direttive internazionali, ovvero alcune delle più importanti e trafficate autostrade del nostro Paese (l’A4 Torino-Venezia, l’A1 da Milano a Napoli ma anche due direttrici più brevi, ma non meno congestionate come l’A22 Modena-Bolzano e l’A14 da Bologna ad Ancona).

Lo scienziato del Cnr, secondo cui il coronavirus avrebbe “viaggiato” proprio sui camion e i tir (gli unici mezzi che dopo i Dpcm di marzo hanno potuto proseguire a circolare senza grandi limitazioni) favorendo il contagio per “contatto diretto”, aveva mostrato interesse per un’eventuale ricognizione sul numero effettivo di contagi all’interno della categoria degli autotrasportatori. Per Uggè è “difficile credere che l’autore dello studio avesse intenzione, con le sue affermazioni, di colpevolizzare un’attività, quella del trasporto, ma di certo ci è riuscito. Spingendo qualcuno a credere davvero che il virus possa essersi “moltiplicato” per colpa dei tir”.

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Meno contagiati tra gli autotrasportatori rispetto alla media nazionale

Se da una parte l’ipotesi secondo cui potrebbe esserci una stretta correlazione tra maggiore presenza di infrastrutture autostradali e maggior numero di contagi sembra essere piuttosto solida, dall’altra la teoria per cui i camionisti siano stato il veicolo dei contagi pare, in effetti, alquanto forzata.  Secondo Uggè gli autotrasportatori avrebbero iniziato a rispettare le misure di sicurezza (distanza di un metro, utilizzo di dpi, assenza di assembramenti), poi confluite nel protocollo del 14 marzo, molto prima che iniziassero a farlo il resto degli italiani, dopo la firma del Dpcm con le misure restrittive per tutta l’Italia.

Dai dati provenienti dalle indagini “fatte in diverse province dai responsabili delle federazioni locali fra gli associati – sottolinea il vicepresidente Conftrasporto – emerge chiaramente che la percentuale di contagiati nella categoria risulterebbe inferiore a quella esistente nel Paese. Un risultato incoraggiante, a differenza di molte altre analisi di esperti”.

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Il rischio che la situazione, già precaria con committenti che non pagano o, peggio, ghettizzano gli autotrasportatori, si aggravi è realmente concreto. “Nessuno sentiva certo la mancanza di qualche esperto che attribuisse alla categoria il titolo di “diffusori del virus”.

Infine non è mancata una stoccata anche allo studio di Marino Gatto, del Politecnico di Milano, nel quale venivano individuate alcune ipotetiche direttive su cui il coronavirus si sarebbe diffuso: in primis la rete stradale a raggiera della Lombardia che avrebbe favorito lo spostamento dell’agente patogeno su tutta la Pianura Padana, poi i collegamenti tra La Spezia, in Liguria, e l’entroterra Toscano. Uggè infatti, piuttosto che la quantità di infrastrutture presenti, si chiede se laddove esistono più attività e risiedono un maggior numero di persone l’epidemia non si espanda con maggiore facilità. “Troppo semplice per dedicarci uno studio?” le parole con cui il vicepresidente conclude la dura risposta ai due studi.

 

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