Coronavirus, un’azienda di trasporti su due rischia di chiudere
Committenti che, oltre a negare agli autisti l’accesso presso i loro locali per la paura del contagio, non pagano le consegne; rinvio del saldo delle fatture, perfino di quelle con data antecedente all’inizio della crisi; migliaia di PMI costrette a ricorrere alla cassa integrazione ordinaria e in deroga: queste sono solamente alcune delle conseguenze e […]
Committenti che, oltre a negare agli autisti l’accesso presso i loro locali per la paura del contagio, non pagano le consegne; rinvio del saldo delle fatture, perfino di quelle con data antecedente all’inizio della crisi; migliaia di PMI costrette a ricorrere alla cassa integrazione ordinaria e in deroga: queste sono solamente alcune delle conseguenze e delle situazioni a cui, purtroppo, l’emergenza coronavirus ci ha abituato nell’ultimo mese, stravolgendo completamente la vita di milioni di italiani. Ma non è finita qui: ora, secondo Trasportounito (l’Associazione Nazionale Autotrasportatori Professionali), con 1,5 miliardi di crediti insoluti stimati cumulati nel mese di marzo, tutto il settore è a rischio. Una cifra, quella stimata dalla associazione di categoria, che incombe come un macigno sul mondo dei trasporti: un’azienda su due infatti potrebbe chiudere.
Lo tsunami finanziario provocato dal coronavirus sarà devastante
“Le attuali difficoltà operative in cui si trovano le imprese di autotrasporto non sono nulla in confronto allo tsunami finanziario che si sta per abbattere sul settore messo in ginocchio, come più volte denunciato, dall’assenza di norme relative al pagamento differito delle prestazioni di trasporto su strada e quindi dalla totale assenza di certezze circa il pagamento dei crediti maturati”, così esordisce Trasportounito nella nota rilasciata alla stampa.
“Mentre in Francia i committenti che non pagano, o pagano in ritardo, i corrispettivi di autotrasporto sono soggetti a norme penali, troppo spesso in Italia si ordinano i trasporti e poi, con la scusa del DURC (Documento Unico di Regolarità Contributiva che ha validità di 120 giorni, quindi del tutto inaffidabile in questo momento ndr), del concordato e, oggi, del coronavirus, non si pagano le fatture o se ne ritarda sine die il saldo e per l’impresa di autotrasporto ciò ha un solo significato: fallimento”. Un rischio tragico, per tutta l’economia e le imprese itaiane, di cui avevamo già avuto modo di parlare ma con un’unica, enorme, differenza: era il 26 febbraio e la “zona rossa” riguardava soltanto i comuni della bassa lodigiana e di Vo’ Euganeo. Adesso la “zona protetta” è stata estesa a tutta Italia e con il Dpcm 22 marzo sono state chiuse le attività industriali ritenute non indispensabili. Le tetre previsioni di un mese fa fatte da Confcommercio (flessione del pil nazionale fino allo 0,4% con perdite totali fino a 7 miliardi di euro) e Confesercenti (riduzione dei consumi di 3,9 miliardi e 60 mila posti di lavoro a rischio) appaiono quasi ottimiste in questi giorni di fine marzo.
Un’impresa di trasporti su due a rischio. Bene solo consegna alimentari e medicinali
Al mancato pagamento delle commesse, tramite gli escamotage illustrati precedentemente “si sommano le complicazioni determinate da uffici amministrativi che non operano, attività produttive chiuse o fatte chiudere, da disposizioni normative inceppate o monche, da costi del lavoro che scorrono nell’improduttività totale o parziale, e dall’assoluta imprevedibilità del futuro”.
L’unica eccezione in questa tabula rasa è rappresentata dalle aziende di trasporto dedite alle consegne a corto raggio e dell’ultimo miglio di generi alimentari e prodotti farmaceutici, i più richiesti in questo momento complicato: “la restante parte del settore non sarà in grado di sopportare l’esorbitante carenza di liquidità, e non saranno certo le misure ad oggi individuate a impedire che l’1,5 miliardi di euro di insoluti stimati, affondi almeno la metà dell’attuale generazione d’imprese”. Carenza di liquidità che si sta riversando in modo drammatico anche sui gestori di impianti di rifornimenti, tanto che durante la scorsa settimana si era perfino vociferato di uno sciopero dei benzinai, per fortuna rientrato grazie al tempestivo intervento dei Ministeri e delle associazioni di categoria.
“Se il Paese vuole evitare il collasso, e questa volta non si tratta di allarmismo – conclude la nota – non occorrono soltanto gli strumenti economici idonei a tamponare l’emergenza, ma anche e soprattutto chiare misure normative di tutela nel mercato e per il mercato dell’autotrasporto”. Misure che, va detto, gradualmente stanno arrivando dalle istituzioni ma che, a causa del costante evolversi – in peggio – dell’emergenza coronavirus, non sembrano mai abbastanza.