Catalin Iftimia, autista romeno di 26 anni in forze alla Aldieri Autotrasporti di Inveruno (Milano), dopo essere stato controllato dalla polizia ungherese non lontano dal confine con l’Austria, è stato obbligato a rimanere in quarantena all’interno dell’abitacolo del suo Scania. Senza esami delle temperatura corporea, senza tampone e con i documenti sequestrati (patente, passaporto e carta di qualificazione del conducente). Succede anche questo ai tempi del coronavirus.

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Una storia a lieto fine per l’autista ventiseienne

I fatti risalgono a giovedì 19 marzo. Per fortuna la situazione che vedeva l’autista “sequestrato” dentro il suo veicolo, non lontano dalla città di Szombathely, si è risolta il giorno successivo grazie alla tempestiva mobilitazione dell’azienda per cui lavora nonché per il tam-tam mediatico che ne è seguito. Già nella mattinata di venerdì l’autista stava transitando in Austria per tornare in Italia, nel rispetto di tutte le norme di sicurezza adottate dall’azienda contro la diffusione del coronavirus. Un’azienda, l’Aldieri Autotrasporti, in prima linea nel rifornimento di materiale tecnologico, in particolare in questi giorni convulsi: sono stati numerose le consegne agli ospedali, della bergamasca fino ai centri di ricerca romani.

La situazione però all’alba di giovedì era tutt’altro che risolta. “Devo restare qui fermo sulla strada, dentro l’abitacolo, per 14 giorni. Ma non ho neanche un bagno. Un ragazzo della ditta dove sarei dovuto andare mi ha detto che potevo mettermi nel loro piazzale interno e utilizzare i loro servizi, ma la polizia è stata chiara. Non posso muovermi altrimenti mi arrestano”. Queste le parole di Catalin rilasciate in un’intervista telefonica al quotidiano “Il Giorno”, alla fine dell giornata in cui la polizia ungherese lo aveva fermato e minacciato di arresto nel caso non avesse rispettato la quarantena all’interno del suo abitacolo.

 

autistaChe succede Europa?

Una minaccia che andava contro il buonsenso, con l’autista ventiseienne impossibilitato ad accedere perfino ai servizi igienici di prima necessità. Questa situazione kafkiana, l’ennesima di una lunga serie che vede i nostri autisti discriminati e vessati come mai prima d’ora, arriva in un momento in cui la maggior parte delle nazioni del vecchio continente sembra aver perso lo spirito comunitario, di condivisione e reciprocità, alla base dell’Unione Europea, i cui confini esterni – per volontà di Bruxelles – sono ormai off-limits. Fortunatamente alcuni proclami di chiusura totale delle frontiere (Austria, Slovenia, Repubblica Ceca ecc) sono stati rivisti e limitati ai soli cittadini, con l’esclusione delle merci, grazie all’intervento congiunto dei ministeri competenti, sempre in prima linea in questo momento complicato.

Infine Massimo Rustico, l’ambasciatore italiano in Ungheria, ha affermato che lo spiacevole inconveniente è nato in seguito ad un’erronea interpretazione da parte delle autorità ungheresi di una normativa entrata in vigore poche ore prima del fermo. L’ambasciatore ha poi precisato, onde evitare ulteriori equivoci, che “per i flussi di transito attraverso l’Ungheria verso paesi confinanti (che erano rimasti bloccati, causando code interminabili, intanto al confine tra Italia e Slovenia) verranno creati convogli di 15 veicoli alla volta che la polizia ungherese (Rendorseg) scorterà (almeno in questa prima fase) per i cd “Corridoi umanitari” (autostrade che collegano i vari confini) e verranno designati distributori ad hoc per le soste e rifornimenti”. I mezzi appartenenti ai convogli saranno riconoscibili grazie ad uno sticker giallo che le autorità provvederanno a porre sul parabrezza. Basterà ad evitare altri situazioni ignominiose?

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