Con la carovana arancione di Overland. Viaggiatori non per caso
Il viaggio è una metafora della vita: non conta tanto la meta finale, bensì le tappe intermedie, il percorso e lo stato d’animo con cui si affronta il cammino. Chi viaggia si predispone all’incontro, allo scambio con l’altro, è aperto all’ignoto che lo aspetta lungo il tragitto. Frasi ‘fatte’, lette e sentite in più di una […]
Il viaggio è una metafora della vita: non conta tanto la meta finale, bensì le tappe intermedie, il percorso e lo stato d’animo con cui si affronta il cammino. Chi viaggia si predispone all’incontro, allo scambio con l’altro, è aperto all’ignoto che lo aspetta lungo il tragitto. Frasi ‘fatte’, lette e sentite in più di una occasione. Tuttavia trattasi di pensieri potenti, capaci di abbracciare persone ed epoche diverse, dai grandi scrittori e poeti del passato, a chi ancora oggi sceglie il viaggio come professione.
Overland, un’avventura lunga un quarto di secolo
Su questi concetti nacque nell’ormai lontano 1995 Overland, un’avventura ai limiti dell’impossibile proposta reinterpretando in chiave moderna le peregrinazioni dei viaggiatori che nella storia dell’umanità si sono spinti alla scoperta di terre sconosciute, inesplorate e inaccessibili. Una spedizione tradotta in un format di successo in grado di portare dentro le case dei telespettatori l’essenza del viaggio stesso. È passato quasi un quarto di secolo dalla prima avventura e Overland continua a macinare chilometri ed emozioni. Noi di Vado e Torno abbiamo avuto l’opportunità e l’onore di partecipare nel corso del mese di maggio alle tappe conclusive in Marocco dell’ultimissima spedizione – la numero 20 – e conoscere in anteprima le storie e le sensazioni dei temerari membri del team.
Partita da Verona a fine dello scorso settembre, Overland 20 è andata alla scoperta del Centro Africa. Il programma originale si articolava su circa 45.000 chilometri e prevedeva una sorta di percorso a ‘U’, che dal Marocco scendeva fino alla Nigeria e al Camerun, per poi risalire in Egitto passando per Ciad, Sudan ed Etiopia. Tale piano è stato però rivisto e una volta raggiunto il vertice basso del percorso la carovana arancione è tornata in Marocco ripassando dalla sponda occidentale del Continente Nero.
Un team di temerari e i cinque veicoli firmati Volkswagen e Scania
Anima e mente della spedizione, sempre lui, l’inossidabile Beppe Tenti (83 anni), affiancato dall’ormai esperto figlio Filippo, direttore operativo in prima linea cresciuto a suon di avventure in giro per il mondo. A completare lo squadrone tutto italiano, uomini dalla tempra d’acciaio che all’imprevisto sanno dare del ‘tu’, alcuni di loro forgiati da anni di servizio con la divisa dell’Arma dei Carabinieri o dei Vigili del Fuoco. Ognuno col suo ruolo e le proprie personalissime abilità. Come ‘Silvano’, il meccanico con l’arte dell’arrangiarsi, capace di guarire anche i peggiori acciacchi dei veicoli pure quando l’officina più vicina dista centinaia di chilometri; oppure come ‘Giannino’, l’autista-chef in grado di rendere speciali perfino i più esotici alimenti reperibili tra i pittoreschi mercati locali o addirittura di intavolare uno signor risotto nel bel mezzo del deserto.
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