Dopo il crollo senza precedenti di aprile (-70%), sottolineato lo scorso mese dall’Associazione delle Case estere UNRAE durante la prima conferenza stampa dedicata a questo segmento, a maggio il mercato rimorchi e semirimorchi, stando ai dati forniti dal Mit, sembra essere in ripresa, con un calo dell’1% rispetto allo stesso periodo del 2019. Ma è la stessa UNRAE a frenare gli entusiasmi: il recupero è “apparente” poiché  “l’eccesso di burocrazia e le conseguenze dell’emergenza sanitaria rendono il dato poco realistico”.

Un mercato, quello dei rimorchi e semirimorchi con ptt superiore alle 3,5 t, che secondo la stima elaborata da UNRAE, sulla base dei dati di immatricolazione forniti dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, a maggio 2020 ha visto immatricolate 985 unità contro le 995 di maggio 2019, con una perdita, come già detto, dell’1%, ovvero di soli 10 pezzi. La stima dei primi cinque mesi del 2020 risulta comunque molto negativa, considerato il profondo rosso generato dal lockdown, con un un calo del 43,1% rispetto allo stesso periodo del 2019 (4.311 unità contro 7.581).

mercato rimorchi

Mercato rimorchi e semirimorchi, un dato anomalo

Per Sandro Mantella, Coordinatore del Gruppo Rimorchi, Semirimorchi e Allestimenti di UNRAE si tratta ” di un dato che per il mese di maggio è anomalo, derivando da situazioni storiche alle quali si è aggiunta la sospensione delle attività durante la fase acuta della pandemia di Covid-19″. In effetti, a ben vedere, nemmeno il più inguaribile degli ottimisti si sarebbe aspettato un balzo del genere a maggio, da -70% a -1%. Un mese , tra le altre cose, con una ripresa che è stata graduale e con una fase 2 “monca”, a cui solo lentamente sono state aggiunte nuove deroghe alle limitazioni imposte durante il lockdown.

Limitazioni di spostamento a cui si aggiungono quelle che UNRAE definisce “situazioni storiche”, ormai caratteristiche della compagine burocratica delle nostre istituzioni da molti anni a questa parte. Tra queste “vengono in primo luogo i ritardi con i quali il Ministero continua a comunicare i dati mensili delle immatricolazioni – prosegue Mantella – dovuti al fatto che la digitalizzazione degli Uffici Territoriali della Motorizzazione non è ancora a regime dappertutto, e ci vogliono pertanto tempi lunghi prima che le rilevazioni di tutte le province possano essere consolidate”. I tempi lunghi originati dalla burocrazia nostrana infatti fanno sì che l’Italia sia “l’unico Paese in Europa che dispone a fine mese di stime e non di dati definitivi”.

Inoltre “per quanto riguarda il nostro comparto, c’è poi la difficoltà di leggere il mercato, perché l’individuazione di veicoli e allestimenti attraverso i documenti di immatricolazione è ancora in percentuale troppo alta, incompleta o non determinabile”. L’accumulo delle pratiche causato dalla chiusure degli uffici della Motorizzazione e delle aziende “restituisce ora un’apparente ripresa del mercato, che in effetti è soltanto il dato conseguente al perfezionamento della massa di pratiche pregresse rimaste inevase”.

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Crollo della domanda e rinuncia ai finanziamenti: la doppia sofferenza dell’autotrasporto

“Siamo stati sul campo in questi mesi – sottolinea Mantella – vicini tanto alle aziende clienti, che operano nell’autotrasporto e nella distribuzione, quanto a quelle che compongono le nostre reti di vendita ed assistenza ai veicoli, e abbiamo potuto toccare con mano quanto siano gravi le conseguenze economiche delle misure sanitarie che si sono dovute intraprendere. Le nostre reti hanno sofferto doppiamente: intanto per la caduta della domanda reale, non immediatamente sostenuta da indispensabili iniezioni di liquidità alle imprese, e poi per il blocco delle consegne, conseguenti all’impossibilità di espletare le partiche relative. Tutto ciò ha ridotto molte aziende nostre clienti nelle condizioni di non poter perfezionare in tempo utile gli acquisti e dover quindi anche rinunciare ai finanziamenti già richiesti.” Una rinuncia sofferta che è stata però sollecitata proprio dal Mit la scorsa settimana, affinché dalla lista non venissero escluse aziende che effettivamente potevano perfezionare gli investimenti, per poi accedere agli incentivi.

“In tal senso – conclude Mantella – dobbiamo ancora sottolineare come esista in questa nostra Italia uno scollamento – questo sì endemico – tra la politica e il Paese reale. Quand’anche la politica si renda conto dei bisogni effettivi dell’Italia che lavora e produce, i progetti che vengono elaborati evaporano prima di sortire risultati efficaci. Esempio ne sia la deliberazione di fondi da destinare con urgenza alla ripresa dei soggetti produttivi, che quei soggetti ancora non hanno visto. Ancora una volta, si conferma come la nostra pubblica amministrazione sia afflitta da eccessi di burocrazia, dovuti a una pletora di norme e relative molteplici interpretazioni ormai quasi impossibili da gestire, malgrado la buona volontà di risorse sempre più scarse.”

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