C’erano pochi dubbi sul fatto che la Brexit avrebbe complicato la vita dei camionisti che lavorano tra Francia e Regno Unito. Ma a un anno dal divorzio tra Gran Bretagna e Unione Europea, gli autotrasportatori hanno scoperto di essere diventati un ostaggio della guerra burocratico-politica tra le due sponde della Manica. Perché, in realtà, al resto della Ue dell’abbandono di Londra interessa poco, mentre le scintille tra Francia e Inghilterra sono all’ordine del giorno. E i camionisti pagano per tutti.

Come hanno sottolineato le organizzazioni imprenditoriali francesi in una nota di protesta al governo, per tutta l’estate dopo l’effettiva entrata in vigore della Brexit si sono moltiplicati i controlli doganali a tappeto in entrata in Francia, usati da Parigi come strumento di pressione sul governo di Boris Johnson per il problema della frontiera irlandese. E i camionisti? In coda per decine di ore, se non giorni, con i carichi di carne, pesce e ostriche da buttare.

L’autunno ha visto il debutto della guerra dei pescatori, irritati perché oltre 150 imbarcazioni francesi attendono da mesi le autorizzazioni – annunciate, ma mai concesse nei fatti – per tornare a operare nella Manica. E intanto chi erano le vittime dei picchetti a sorpresa al terminal dell’Eurotunnel o nei punti di sbarco dei traghetti a Calais e Saint-Malô? Sempre gli autisti dei mezzi pesanti, bloccati per mezze giornate sui ferry o, addirittura, lasciati a ballare sul mare in tempesta fuori dai porti.

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