Si legge nello studio sull’impatto ambientale dell’uso del gas come carburante per autotrazione, realizzato dalla Ong Transport & Environment:

«Sulla base dei più recenti dati disponibili, il gas fossile utilizzato nei trasporti non presenta benefici climatici significativi rispetto ai carburanti derivati dal petrolio, mentre includendo gli effetti delle perdite di metano nell’upstream, i benefici si annullano in quasi tutti i casi».

E conclude che, per i veicoli pesanti, l’impatto del gas naturale compresso o liquefatto (Cng o Lng) rispetto ai migliori diesel va da meno 2 a più 5 per cento.

Studio che ha suscitato molte polemiche anche in Italia.

Ma se nella parte che riguarda il metano le conclusioni della Ong sono tranchant, in quella dedicata al biometano sembra invece che si lasci aperto qualche spiraglio.

Stazione LNG

Andrea Poggio, responsabile mobilità sostenibile di Legambiente, concorda sostanzialmente con le conclusioni di Transport & Environmentsul metano, in generale e in particolare sull’autotrasporto: «Per i tir, il metano dal punto di vista ambientale ha alcuni vantaggi, legati all’emissione di NOx (ossidi di azoto) e un po’ dei combusti.

Ma il metano ha svantaggi in altri precursori del particolato secondario (che si forma nell’atmosfera a seguito di reazioni che coinvolgono i gas precursori) e dell’ozono, sostanze che stanno diventando prevalenti rispetto al particolato nella composizione dell’inquinamento dovuto ai motori a scoppio.

Alla fine, la differenza non è percepibile.

Inoltre, è vero che il metano produce meno CO2, ma per il trasporto pesante la riduzione dell’efficienza del motore compensa questo vantaggio.

Se il tir è sotto sforzo e a pieno carico ne emette più o meno la stessa quantità».

E se il metano diventa ‘bio’?

Quando affronta il tema biometano, lo studio di Transport & Environment non critica la sua potenzialità in termini di benefici ambientali, bensì la possibilità di ottenerne in quantità tali da avere un impatto significativo: «Il biometano e il metano sintetico possono avere emissioni di gas serra inferiori rispetto al gas fossile. Tuttavia, le materie prime sostenibili per produrre il biometano (rifiuti e residui) sono limitate e non possono essere dimensionate sostenibilmente».

«I volumi che si possono fare sono decisamente maggiori di quel che prefigura Transport & Environment», ribatte Poggio di Legambiente. «Lo studio ammette i benefici del biometano e degli altri gas rinnovabili ma ne sottovaluta le enormi potenzialità.

Se il biometano producibile in Italia fosse tutto destinato ai trasporti (come previsto dal recente decreto incentivi biometano) potrebbe alimentare un terzo del parco circolante con energia rinnovabile al cento per cento», afferma Mariarosa Baroni, presidente di Ngv Italy, che raggruppa le maggiori aziende italiane operanti nel settore dei carburanti alternativi sostenibili per i trasporti.

Non pare insomma che il biometano sia un fenomeno così marginale, tanto più che in Italia da marzo 2018 è attivo il ‘decreto biometano’, documento che delinea il sistema di supporto alla filiera del biometano di origine agricola, per un ammontare indicativo di 4,7 miliardi di euro tra il 2018 e il 2022.

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