“Automotive dimenticato nella Legge di Bilancio”: le associazioni di categoria lanciano l’allarme
Gravissimi gli impatti previsti sul mercato e sulla tenuta della filiera nazionale, in assenza di un piano strategico con obiettivi precisi
“L’Italia vuol fare la transizione della mobilità senza stanziare fondi a sostegno della domanda e dell’offerta”. E ancora: “Urgente un piano strategico per evitare gravi danni ambientali, economici e sociali”. Non lascia presagire nulla di buono l’incipit del comunicato con cui alcune delle più importanti associazioni di categoria del settore automotive, della mobilità sostenibile, e delle filiere industriali e commerciali ad esse collegate, hanno accolto l’ultima legge di bilancio. E questo nonostante l’attiva partecipazione ai lavori del “Tavolo Automotive” abbia prodotto diverse proposte di intervento, sia di politica industriale per la riconversione della filiera automotive, che di pianificazione pluriennale di sostegno all’acquisto di veicoli a zero e bassissime emissioni per cittadini ed imprese.
Proposte che in alcuni casi si sono rivelate anche di spessore: per quanto riguarda il settore dell’autotrasporto, per esempio, si sono concretizzate nella firma di due decreti da parte del Ministro Giovannini per un totale di 100 mln € stanziati nei prossimi cinque anni a favore del rinnovo del parco veicolare.
Quindi, nonostante la presenza di alcune iniziative virtuose, secondo le associazioni (Anfia, Aniasa, Assofond, Federauto, Motus-E, Ucimu e Unrae) le Istituzioni, in occasione della programmazione economica del Paese con la Legge di Bilancio, sembrano non intenzionate ad intervenire in maniera decisa e trasversale su tutto il comparto, dall’automobile al veicolo commerciale.
Automotive, le preoccupazioni degli attori di settore di fronte all’ultima Legge di Bilancio
Secondo le associazioni, per quanto riguarda l’automotive, “la mancata previsione di un intervento strutturale nella Legge di Bilancio si somma all’assenza di misure specifiche nel PNRR nella componente “transizione energetica e della mobilità sostenibile”. In questo modo l’Italia diventa l’unico Paese europeo, con un’importante vocazione manufatturiera automotive, che non sostiene ed instrada il consumatore verso l’acquisto di auto e veicoli commerciali a zero e bassissime emissioni, né interviene con specifiche misure di salvaguardia dei livelli occupazionali”.
“Gravissimi gli impatti previsti sul mercato ed i rischi di tenuta della filiera nazionale, in assenza di un piano strategico che abbia come obiettivo quello di: 1) favorire il rinnovo del parco circolante, ancora tra i più vetusti e meno sicuri ed inquinanti d’Europa; 2) sostenere la diffusione di veicoli ecologici, che altrimenti subirà una inevitabile battuta d’arresto, vanificando il trend positivo innescato negli ultimi anni grazie all’ecobonus”.
I rischi per la transizione energetica
“Queste scelte, inoltre, rischiano di non far raggiungere all’Italia i target sulla penetrazione nel parco circolante dei veicoli a zero e bassissime emissioni prefissati dal Piano Nazionale Energia e Clima e di riduzione delle emissioni di CO2 al 2030 ed al 2050, prefissati a livello europeo e sottoscritti dal nostro Paese. L’analisi d’impatto delle misure di incentivo dello scorso anno ha evidenziato i molteplici effetti positivi che misure a sostegno del mercato possono imprimere al sistema paese, sia in termini ambientali, che di sostegno all’intero settore industriale e commerciale, in un momento di grande difficoltà in cui le imprese stanno affrontando la crisi post pandemica e la transizione produttiva”.
Per tutti i motivi appena elencati le associazioni del comparto automotive hanno chiesto “al Presidente Draghi, ai Ministri competenti Giorgetti e Cingolani, nonché al Ministro Franco, di porre rimedio tempestivamente alla totale assenza di politiche per l’automotive in un momento estremamente delicato per il settore, mantenendo fede agli impegni annunciati e dando attuazione alle misure da tempo condivise ed esplicitate in modo unito da tutti gli attori”.