Per come lo conosciamo oggi il Ministero dei Trasporti potrebbe scomparire. Ma niente di apocalittico: nei palazzi di Porti Pia non c’è in corso nessuna rivoluzione copernicana in grado di portare ad un mutamento radicale nelle strutture di governance del dicastero. Tra i punti affrontati dal Consiglio dei Ministri del Governo Draghi, tenutosi in giornata a Palazzo Chigi, c’era anche quello inerente al decreto legge da approvare in merito alle “disposizioni urgenti in materia di riordino delle attribuzioni dei Ministeri”. Tra queste l’idea di trasformare il nome dell’attuale Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti in “Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibile”, in linea dunque con gli importanti obiettivi green annunciati da Mario Draghi durante il suo discorso di insediamento. Tematiche, quelle della transizione ecologica e della mobilità sostenibile, al centro delle spinte che arriveranno dagli investimenti nei prossimi anni, tra i quali anche quelli fondamentali del Recovery Fund, il cui piano italiano è in corso di aggiustamento proprio in questi giorni. Tuttavia la sostituzione del vocabolo “trasporti” con “mobilità sostenibile” ha trovato la netta opposizione di Conftrasporto, che ha definito l’ipotesi del nuovo nome “inaccettabile” nonché “assurda e incongruente con quelli che sono gli obiettivi annunciati dal Governo Draghi”.

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Al posto di “trasporti” in arrivo “mobilità sostenibile”: dal MIT al MIMS?

La critica di Conftrasporto ruota intorno alla fumosità degli intenti programmatici che la nuova denominazione del Ministero dei Trasporti tratteggia. In particolare, secondo l’associazione di categoria, il rischio è che le politiche economiche e di settore, e quindi di rilancio strutturale dell’autotrasporto, vengano messe in disparte dallo slancio ambientalista, comunque importante ma raggiungibile soltanto dopo aver risolto problematiche che da decenni affliggono il settore.

“Tutti sanno quanto la Confederazione sia da tempo orientata verso lo sviluppo sostenibile dei trasporti, invocando, ad esempio, di sostenere il rinnovo del parco circolante e navigante – ha precisato Paolo Uggè, Presidente di Conftrasporto – Ma la sola idea di legare la politica economica, che si fonda su una logistica e su un sistema di trasporti funzionante, a quella di un ambientalismo dichiaratamente ‘integralista’ denota una visione quantomeno non chiara della realtà presente”.

Mobilità sostenibile sì, autotrasporto in secondo piano no. I dubbi del ministero

“Conftrasporto è da sempre per la mobilità sostenibile, e le politiche che sta portando avanti lo dimostrano. Sappiamo bene, però, che, se la politica economica non ha una rete di trasporti adeguata, non è funzionale a dare competitività al Paese. Bisogna prima compiere scelte di politica dei trasporti, e immediatamente dopo individuare mezzi attraverso i quali realizzare una mobilità sostenibile”, incalza Uggè.

“Escludere dal nome del Ministero il termine ‘Trasporti’ o ‘Logistica’ è una scelta che riteniamo grave, e denota un orientamento che non tiene conto della situazione reale. Se attuata e non chiarita, mette a rischio l’economia del nostro Paese, che è di trasformazione oltre che di produzione – prosegue Uggè – Tutto questo avviene in un momento in cui si sta cercando faticosamente di riprendere il cammino verso la ripresa”. “Il vetero ambientalismo rischia di bloccare tutto”, conclude il presidente di Conftrasporto.

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